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Amore e odio in adolescenza

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L’adolescenza si caratterizza come un periodo di trasformazioni e di cambiamenti che coinvolgono la ragazza/o su tutti i versanti: su quello fisico-corporeo che subisce delle trasformazioni, a volte in modo repentino e disarmonico (lo stesso ragazzo rimane disorientato quando si guarda allo specchio, a volte certe parti del corpo sviluppano prima ed altre dopo).Una trasformazione a livello della mente e del pensiero. L’adolescente scopre e sperimenta nuove modalità di pensiero, per via di un processo trasformativo e maturativo che amplia le possibilità di ragionamento, che si apre al possibile e all’astratto.
Una trasformazione a livello delle relazioni che assumono dei cambiamenti funzionali all’esigenza principale di questa età, quella di svincolarsi dai genitori. I genitori, unici riferimenti, vengono accantonati perchè il ragazzo vuole essere attivo protagonista del proprio mondo esperienziale ed esercitare una capacità decisionale. Quella dipendenza dai genitori deve modificarsi perchè l’adolescente deve essere colui che decide la sua vita e questo spesso ha ripercussioni violente nella relazione con loro. Dinamiche conflittuali e ambivalenza amore-odio vengono spesso sollecitate.
Un altro aspetto da tenere in considerazione è che l’adolescente non è il bambino che è stato né l’adulto che sarà; è un “essere tra”, a metà strada e questo non sapere chi è qualifica il vissuto adolescenziale e condiziona il suo modo di relazionarsi a se stesso e agli altri. La domanda: “Chi sono? Che cosa diventerò?” e l’incertezza sul futuro devono essere tollerate in un percorso di progressiva scoperta.
Non c’è nessuno che gli può dire che cosa diventerà, altrimenti la risposta dell’adolescente sarà oppositiva del tipo: “Io sarò quello che voglio e certamente quello che non vorrai tu!”.
Questa collocazione “tra” connota fortemente i vissuti e le esperienze a volte in modo acuto e doloroso. Uno dei bisogni fondamentali dell’adolescente è quello di sentirsi reale, proprio per quella dimensione esperienziale indefinita che si confonde con la vaga sensazione di essere futile e sospeso. Altri vissuti tipici di quest’età sono la noia.
Winnicot parla dell’adolescenza come “zona delle bonacce” che caratterizza una calma piatta, il mare è piatto, c’è una condizione si sospensione e di irrealtà… questo vissuto di pena, fatica e sofferenza connota la crisi adolescenziale come momento di passaggio nel quale sono presenti stati umorali di tipo depressivo, che se non costanti e importanti rappresentano una condizione favorente la mentalizzazione, il muoversi verso una realtà adulta.
In questo periodo è presente una forte oscillazione tra bisogni di accudimento e rassicurazione e bisogni di autonomia, che spesse volte si esprimono con il mandare il genitore a quel paese.
In questa condizione di informità, da questa sensazione di futilità e irreale sospensione, l’adolescente ha bisogno di fare qualcosa per sentirsi vivo, presente e concreto, come se per essere e sentirsi reali fosse necessario fare qualcosa di forte, qualcosa che scuota, che faccia percepire sensazioni intense. Da qui si possono comprendere meglio le condotte aggressive dell’adolescente che appartengono alla normalità evolutiva (ad es.agiti sul corpo come pearsing, tatuaggi, esibizioni con il motorino ecc..); un altro canale per agire il suo stato di informità è quello della mente, ad esempio innamorandosi di una ideologia politica, filosofica o artistica.
Ancor prima che essere agita, la conflittualità è interna, tra polarità opposte che si snodano lungo l’asse dipendenza-autonomia, appartenenza-separazione, bambino-adulto. Un momento lo si trova a riguardare con nostalgia e rimpianto i cartoni animati amati quando era piccolo ed un attimo dopo prendere le distanze in modo forte dal mondo infantile, armeggiando con cose da adulti a volte in modo eccessivo o pasticciato.
Questi opposti possono generare nel genitore rabbia, odio ed incomprensione. L’adolescente farà di tutto perchè questo accada, ne ha bisogno, ha bisogno dell’adulto a volte proprio per mandarlo a quel paese, ha bisogno per attaccarlo e metterlo da parte, perchè in questo modo riesce a differenziarsi. Uno dei bisogni fondamentali è quello di sfidare il genitore per affermare la propria autonomia, in realtà in questo comportamento c’è molta dipendenza, anche se l’adolescente non riesce a tollerarla. L’adolescente ha bisogno che l’adulto non si faccia distruggere, cioè che egli ci sia in maniera ferma, un adulto che sopravvive a quell’attacco. L’adolescente non vuole essere compreso come il bambino (anzi se lo comprendiamo non glielo dobbiamo dire) ma ha bisogno del confronto, del contenimento, come capacità di tenuta, di tenere nella mente le ambivalenze ed i dubbi.
Di fronte ai No è importante che si pensi con l’adolescente in merito alle decisioni da prendere; non basta il Si o il No, ma occorre dare delle motivazioni poiché l’adolescente ha bisogno del confronto.
Il genitore può avere due modi per abdicare al proprio ruolo: quello di diventare suo amico e l’adolescente non ha bisogno di un genitore amico, oppure quello di chiudersi, offendendosi e negando la propria disponibilità al confronto.
L’atteggiamento più utile è quello che vede il genitore fermo e risoluto nelle sue posizioni quando il figlio assume comportamenti distruttivi e irrispettosi (perchè se non c’è chiarezza ed un limite definito l’adolescente continuerà a provocare), pur mantenendosi aperto al dialogo.
Importante è il confronto con la figura paterna che ha il ruolo di contenimento dell’aggressività, come colui che incarna la legge e la norma.
Il modo e la maniera in cui l’adolescente ci sollecita è associato spesso al modo in cui noi abbiamo vissuto la nostra adolescenza ed è per questo motivo che è importante ricordare chi eravamo alla loro età e quali esperienze passate hanno influito sulla nostra adolescenza passata.

19 febbraio 2014
Valentina Donzelli,  psicologa e psicoterapeuta
Servizio Liberamente – Cooperativa Il Millepiedi

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